lunedì 31 agosto 2009

Due modi di calciare un rigore


Semplificando, si potrebbe dire che ci sono due modi per calciare un rigore. Decidere prima da che parte tirare, e farlo preferibilmente angolando la direzione il più possibile e forte, oppure aspettare fino all’ultimo che il portiere si muova, e poi calciare dall’altra parte. Personalmente, ho quasi sempre scelto la prima soluzione, desiderando però nel profondo di essere un esperto della seconda. C’è qualcosa di psicologicamente più sottile, rischioso e affascinante nell’attendere le mosse dell’avversario sulla riga di porta. Ma bisogna essere molto freddi.
Ricordo una partita da bambino in cui, dopo aver realizzato i tre gol che avevano permesso alla mia squadra di passare dallo 0-3 al 3-3, l’arbitro fischiò un rigore per noi. Potrei anche tirare io, pensai, mentre tutti i miei compagni fissandomi avevano già preso per me questa decisione. Abbrancai il pallone e lo posizionai sul dischetto. Solitamente, diciamo nel 70% dei casi, calciavo dagli undici metri piazzando la palla con l’interno del piede, il più forte possibile, mirando l’angolo alla sinistra del portiere. La palla rasoterra, o a mezz’altezza. Ma rasoterra era meglio, specie se avevo di fronte un portiere alto: ora che si buttava, già era gol.
Ma quel giorno, ricordo, sistemai il pallone sul dischetto, indietreggiai di qualche passo, accennai una mezza corsa e calciai di collo, con gli occhi socchiusi, alle stelle. La partita finì 3 a 3. I compagni mi consolarono, ero comunque stato il migliore in campo. D’accordo, ma non mi davo pace, piangendo.

Quando una sera d’inizio agosto ho visto Del Piero prepararsi a tirare il rigore decisivo nella finale della Peace Cup contro l’Aston Villa ho pensato: è fatta. Stiamo calmi, non diciamolo ad alta voce, ma è fatta. Non rammentavo nemmeno l’ultimo errore dagli undici metri del capitano della Juventus, uno tra i più bravi rigoristi in circolazione. Ma Alessandro ha preso la rincorsa, il portiere ha cominciato a muovere le gambe a destra e a sinistra per infastidirlo (anche se in tono minore rispetto ai più tremanti Groobelar e Dudek, estremi difensori del Liverpool nelle vittoriose finali di Coppa Campioni 1984 e 2005). Del Piero non ci ha capito più niente e ha calciato di piatto, centrale, così lentamente che Guzan, portiere dei Villans, ha parato il pallone con i piedi. Poi Legrottaglie ha superato la traversa di qualche metro, e l’Aston Villa ha vinto, oggettivamente senza troppo merito per la qualità del gioco espresso, la Peace Cup. Ma si sa, il calcio è così.
Del Piero è uscito dal campo scuro in volto, non solo per l’errore, ma anche per come questo era maturato. Perché Alessandro, molto meglio di me, sa che, semplificando, ci sono due modi di calciare un rigore, e quando sbagli rimpiangi immediatamente di non aver scelto quello che non hai preso in considerazione.

martedì 25 agosto 2009

Gesù non è mai stato sulle Dolomiti


Gesù non ha mai visitato le Dolomiti. Se l’avesse fatto, osservando le pietre rotolate dalle cime, sarebbe rimasto certamente stupito e umanamente rattristato dal lento sgretolarsi del Latemar e del Catinaccio. Poi si sarebbe ripreso, e rimembrando i suoi poteri, le avrebbe rimesse una dopo l’altra al loro posto, con la forza del pensiero, fino a riottenere la versione originale dei gruppi montuosi conosciuti anche con il nome di Monti pallidi. Poi avrebbe camminato lungo i sentieri (il 18, il 515, il 22) arrivando a crearne anche di nuovi, più comodi e veloci, per raggiungere le numerose croci sparse, tra le quali avrebbe scelto la preferita, e definitiva.
Al Rifugio Torre di Pisa (2670 m) avrebbe scatenato l’entusiasmo degli avventori, inebetiti dall’apparire della sua figura, per l’occasione non priva dell’equipaggiamento più indicato: scarponi da montagna ai piedi, camicia, occhiali da sole, cappello. Ma Gesù avrebbe coperto con l’adesivo nero le marche, per non fare pubblicità. Dopo una cotoletta con patate saltate, o due uova con lo speck, e come dolce uno Strauben, o del gelato alla crema con lamponi caldi, Cristo avrebbe bevuto le ultime dita di birra presenti nel suo boccale. Quindi avrebbe respirato profondamente quell’aria così diversa da quella di Gerusalemme, un’aria dal sapore di panna, o di burro, ma di quello buono. Prima della discesa avrebbe riempito la sua bottiglia con l’acqua fredda di un ruscello. Infine, scortato in modo discreto da un certo numero di persone (facciamo dodici) avrebbe perso quota fino a scomparire, di domenica, tra le lunghe file di automobili dirette verso la pianura.

sabato 15 agosto 2009

La lingua italiana

Il Tg1 regala attimi di grande, amara comicità. In un servizio Bossi spinge per il dialetto nelle scuole. In quello successivo Gasparri difende la lingua italiana. Gasparri, la lingua italiana.