sabato 27 agosto 2011

Il lettore d'estate



Sarà che ho sempre avuto un debole per i vortici. Sarà che, per questo motivo, ho sempre mangiato la torta di rose srotolandola, le Girelle Motta anche, le Kinder Brioss uno strato alla volta (per ultimo, quello al centro). Sarà che, da ragazzo, avevo l’abitudine di disegnare un pallino al centro di un foglio, colorarlo, e poi iniziare a scrivere in circolo, stando ben attento che le parole in fila circondassero il pallino restando a uguale distanza tra loro (le parole, le file di parole) pur continuando a trasformarsi in uragano. Sarà che ho dedicato discutibili raccolte di poesie a ragazze, ripetendo il pallino sulla seconda pagina bianca a disposizione, avvolto dalla dedica: Per…
Sarà che queste rose di torta, queste girelle, io non lo capivo, ma erano fogli da scrivere, o da leggere, che avrei probabilmente scritto, o letto, una volta finito di mangiare.
Sarà per questi motivi che il mio libro preferito di questa estate è L’ultimo lettore, di Ricardo Piglia. Un saggio? Un finto romanzo? capace di capovolgere la prospettiva. Il lettore, è il protagonista dei libri che legge. Spiando leggere Borges, Kafka, Joyce, il Che, mi sono ricordato di un ragazzo che, sognando di scrivere, si consolava pensando:

“comunque andranno le cose, nessuno mi potrà mai togliere il piacere assoluto di leggere”.

venerdì 5 agosto 2011

La tregua benedetta



Così ogni tanto vado in via Terraggio 21, sottoterra, dove una stanza nasconde libri usati. Prima passo in Sant’Ambrogio, sempre stupito di come la bellezza possa trasformarsi in mattoncini. Talvolta entro e faccio due passi, accendo una candela, osservo certi antiquati videotelefoni che vorrebbero raccontami la storia della basilica. Ma adesso, c’è Internet.


Nella stanza qualcosa trovo sempre, più spesso sono costretto controvoglia a scegliere. Diversi Morselli-Adelphi di un tempo mi guardano dalle librerie, ma li ho già. Però, che belli. Allora tocca a Mario Benedetti, edizioni Nottetempo.


La Tregua un romanzo straordinario, che respinge i miei iniziali e prevenuti dubbi relativi alla struttura diaristica. Da un febbraio all’altro una lezione di scrittura che mi tiene incollato, tranne quando alzo la testa e sorrido per le 6 euro spese, pensando a certe 18 o 20 richieste dal mercato per romanzi pessimi, costruiti in laboratorio per lettori pigri, scritti da individui vanitosi che urlano ai quattro venti di essere “scrittori” e di aver pubblicato molti libri. La quantità, prima di tutto.


Lunedì 29 aprile

Io sono rimasto lì per un bel po’, davanti alle mie carte, senza sapere che fare, ero commosso, credo. Mi sentivo scombussolato come da tempo non mi succedeva. E non era il nervosismo tipico di uno che vede una donna che piange o sul punto di piangere. Era un turbamento tutto mio, solo mio: il turbamento che viene dall’assistere alla propria emozione. E all’improvviso, nel mio cervello, la luce: allora, non sono inaridito! Quando Avellaneda è tornata, ormai senza lacrime e un po’ imbarazzata, io ero ancora intento ad assaporare egoisticamente la mia nuova scoperta. Non sono inaridito, non sono inaridito. L’ho guardata con riconoscenza e, siccome proprio in quel momento sono rientrati Munoz e Robledo, tutti e due ci siamo rimessi al lavoro, come obbedendo a un segreto accordo.
(Mario Benedetti)

martedì 2 agosto 2011

Due ore abbastanza gloriose

Due anni in due ore non sono niente male, specie se trascorsi al parco, in compagnia di Lodovico Terzi, indeciso se nascondermi, o imboscarmi. Ascoltando un soldato tedesco dire che: “la guerra è persa. E io vado a morire per niente”. Fumando una sigaretta in una casa di partigiani, invece che perquisirla. Tentando senza successo la fuga da un campo militare, dopo aver imparato che le sentinelle di turno fra la mezzanotte e le due sono le più addormentate, mentre quelle fra le due e le quattro sono le più infreddolite, e quelle fra le quattro e le sei le più spensierate. Perdendo madre e sorella, uccise in bicicletta dalla bomba di un aereo da ricognizione americano, chiamato Pippo. Due anni senza gloria, letti al parco in due ore abbastanza gloriose.