domenica 23 dicembre 2012

Finalmente domenica! (18)



Valutavo che ci sono pochi scrittori italiani che parlano della bolletta del gas, forse nessuno, ecco io invece sono arrivato a casa dopo una dura giornata di lavoro ho aperto la cassetta della posta e c’era la bolletta del gas e ho pensato niente, perché di solito è Marta che apre la cassetta apre la busta e io a dire aspetta! non roviniamoci le scale o l’ascensore con la rabbia, godiamoci il presente come dicono i saggi orientali che non lavorano, saliamo in casa senza sapere quanto dobbiamo pagare a questo Stato ladro, secondo Oscar Giannino chiaro perché io figuriamoci, non mi permetterei mai allora salgo da solo, chiudo la porta alle mie spalle apro la busta e dico ma vaffanculo, ladri, ogni mese ogni settimana c’è qualcosa da pagare, senza contare le abnormi trattenute in busta paga, i tartassati, Totò, la repubblica delle tasse, questo penso. E poi la scadenza, 24 dicembre, che uno dice non avete pietà nemmeno la vigilia di natale.

Ma ecco dicevo, nessun scrittore italiano parla della bolletta del gas, tendenzialmente essi preferiscono ritrovarsi alle presentazioni nelle librerie-supermercato o dentro le scuole di scrittura magari a Torino o a Milano a parlare d’altro, di cose molto più raffinate non della bolletta del gas, che so della camorra o dell’amore, e anzi già che ci sono danno un colpo di telefono a quella casa editrice a Milano o a Torino e si mettono d’accordo ascolta tu pubblichi un romanzo a me che io faccio fare un corso di scrittura a te poi tu vieni qui a fare un corso di scrittura a te che io vengo lì a pubblicare un romanzo a me insomma, ci siamo capiti, fra di noi, cosa vuoi che sia. Chiudono la telefonata, si guardano negli occhi gli scrittori italiani e poi partono le mani alzate: io faccio lo scrittore che si occupa della camorra! io faccio quello che si occupa dell’amore! io quello che lotta contro il razzismo! io quello che denuncia il precariato!...ma mai nessuno che fa quello che parla della bolletta del gas.

Apro la busta e guardo la cifra, scadenza 24 dicembre. Chissà Oscar Giannino quanto paga di bolletta del gas, ma certo con quello che spende in vestiti avrà i soldi anche per pagarsi la bolletta del gas, beato lui. Io no, e dopo una dura giornata di lavoro che mi fa pensare certo che io tutelato mai, nella mia cazzo di vita terrena, il mio presunto e ridicolo talento, mai con il 10 sulle spalle scortato da due mediani a fare il lavoro sporco per me, ma è tutto il calcio ormai a essere cambiato mi dicono, mi tocca fare anche la fase difensiva e allora dopo una giornata di lavoro a fare Bip in cassa non mangio neanche vado a fare una passeggiata finché resta su il sole che poi fa freddo e mi passa la voglia e cammino fino a quella libreria di usato in via Terraggio gestita da quel signore pacato e sfoglio qualche bel volume ma senza comprare, ho la bolletta del gas da pagare. Infine la sera mi guardo una partita dopo che Mario Monti si è dimesso (Arrivederci e grazie, Dracula) il calcio è meglio di qualsiasi cosa, di ridicoli telegiornali e di quotidiani letti dalla gente solo per abitudine, alla ricerca del gossip del momento di un paio di tette al vento o di fantomatiche e superflue analisi politiche riguardanti esperti del posto fisso in parlamento, il calcio è meglio, non me lo leva nessuno, e a quei poveri scrittori pseudo-impegnati che alzano le sopracciglia che non hanno o addirittura disegnate per venti euro dal parrucchiere e mi dicono ma che perdi tempo col pallone! fai come noi che siamo gli scrittori della camorra, dell’amore, della lotta al razzismo, della denuncia del precariato...ecco io dico amici allora pagatemi voi la bolletta del gas che prendete i soldi per far finta d’insegnare ai boccaloni mantenuti dai genitori a scrivere e a far di conto, avete visto? ho scritto di calcio per venti minuti e non ve ne siete nemmeno accorti.

lunedì 17 dicembre 2012

Finalmente domenica! (17)


Da qualche tempo non prendevo la metropolitana, adesso per fortuna si possono tirare anche le gomitate. Quando avevo smesso ero rimasto alle spinte in mischia, ma le gomitate non erano ancora entrate nel bagaglio tecnico del passeggero. Adesso si può, e la gomitata è meglio tirarla quando stai per scendere dal vagone (del tutto gratuita) per poi mantenere il gomito alto come difesa preventiva rispetto a quelli che stringono per salire. Ultimo consiglio: non fare i furbi colpendo all’addome per non farsi vedere, puntate direttamente alle tempie per mettere subito in chiaro la situazione, si formerà immediatamente un largo passaggio generato dal corpo dell’avversario rovinato drammaticamente al suolo. Gli italiani, loro, anche sottoterra gridano chattano giocano con il prolungamento plastico-metallico del loro braccio, e mi chiedo se il giorno della fine, verranno seppelliti col telefonino in mano. E poi una ragazza che diceva alla cornetta: “Mamma, te l”avevo detto che all’università quest’anno l’esame di sesso orale era il più difficile...” e io a pensare ma come ci siamo ridotti in questo paese, interroghiamoci sulla serietà del sistema scolastico nazionale, a meno che non abbia capito male, in ogni caso forse  ritorna Berlusconi. Ecco questa metropolitana agra, mi ha fatto ricordare che il 14 dicembre 2012 Luciano Bianciardi avrebbe compiuto novant’anni.

Non prendo più la metropolitana, vado a piedi o in bicicletta o in tram, oppure in automobile quando devo colmare il tragitto Milano-Brescia o viceversa, questa domenica ad esempio parto da Gussago (Franciacorta) verso le 15.30, insomma alla mezz’ora del primo tempo di Juventus-Atalanta, insomma come l’avvocato Agnelli quando lasciava il Comunale di Torino prima della fine del primo tempo che secondo me comunque scendeva rapido nel parcheggio e diceva all’autista guardando l’orologio sopra polsino: “Ambvogio, vai veloce a casa che non voglio assolutamente pevdevmi nulla del secondo tempo in televisione”.

Eppure questa volta trenta minuti bastano: Vucinic, Pirlo e Marchisio fissano il risultato sul 3 a 0 così partiamo addirittura al ventisettesimo e mentre Pietro mi fa compagnia gridando il suo disappunto per ogni tipo di viaggio automobilistico da quando è nato (cambiati tre seggiolini, deve essere senza dubbio un fastidio filosofico) passiamo Rovato, Dalmine e Bergamo e la nebbia scende facendo un solo bianco con la neve intorno e penso a una frase dell'ultimo romanzo di Aldo Busi che dice: “E ora la mia domanda è sempre la stessa: che senso ha avere il di più se un tuo simile non ha il necessario?”
La ricordo con enfasi al casellante, prima di lasciarli cinque euro e trenta centesimi, spacciandola per una frase del Pontefice, ma il lavoratore di Autostrade per l’Italia mi dice lei si sbaglia, io ho sentito dire al Papa che l’eutanasia, l’aborto e i matrimoni gay sono una minaccia per la pace, non questa cosa del di più e del necessario. Sbigottito schiaccio allora il pedale dell’accelleratore e sorpasso Milano Est, non può essere vero, meglio pensare a certi preti straordinari che tirano avanti nonostante l’orrore del Vaticano, a questa stratosferica Juventus di Conte che calcia 31 volte verso la porta in novanta minuti, ai 76 passaggi riusciti di Pirlo nella trequarti dell’Atalanta, ma soprattutto al fatto che mancano solo dieci giorni al Natale che poi sarebbe soprattutto il mio trentottesimo compleanno.

lunedì 10 dicembre 2012

Finalente domenica! (16)


Wittgenstein, dicevamo. Non se ne parla mai abbastanza. Alcuni lo confondono con Lewandowski, ma il centravanti polacco del Borussia Dortmund non ha lo stesso sguardo svagato eppure magnetico. Nonostante questo si muove bene negli spazi (guardate il primo goal ufficiale di Euro 2012 per avere un’idea), non mi dispiacerebbe affatto come numero 9 per la mia squadra, e volendo creare confusione la targhetta col suo cognome potrebbe ben figurare negli scaffali di filosofia, al momento i miei preferiti in libreria. Mi sono messo a parlare di questo col cliente anziano e squilibrato che sabato voleva sapere in quale libro di Nietzsche fosse presente “Il viandante”, probabilmente nel secondo tomo di “Umano, troppo umano”, non precisamente, quello è un altro viandante, e la sua ombra, il viandante normale invece è nella terza parte di Also sprach Zarathustra, infatti, comunque lui voleva spedirlo a quelli del mattino (o de Il Mattino?) che hanno ancora la fotografia di Sarkozy sulla scrivania, e il campanellino. Così mi ha detto l’anziano, e io ho pensato ma questo è completamente matto, campanellino, anche se magari nella sua testa il ragionamento per associazioni d’idee in qualche modo filava diritto: il viandante di Nietzsche, il mattino oppure Il Mattino, Sarkozy, campanellino.

Nel pomeriggio per reazione mi sono messo a leggere Sebald, Austerlitz, non un luogo ma il protagonista del romanzo secondo lo scrittore tedesco, un mezzo sosia di Wittgenstein, Austerlitz non lo scrittore tedesco, specie per via dello zaino che entrambi portavano sempre con sé, quello di Austerlitz comprato per dieci scellini poco prima d’iniziare l’università in un surplus-store in Charing Cross Road dove la merce proveniva da vecchie scorte militari svedesi, quello di Wittgenstein non so. Non facile però leggere Austerlitz giocando contemporaneamente con Pietro a macchinina di legno verde e blu, roba da stare in piedi a girare le pagine e a sottolineare anche se poco, a muoversi per le due stanze giocando e leggendo, piegandosi e alzandosi a ripetizione, almeno fino a quando il fascino dell’Adelphi bianco non ha sostituito nel bambino quello per la macchinina verde e blu e allora addio, l’esercizio di buon padre è diventato impedire con dolcezza a Pietro di distruggerlo l’Adelphi bianco, e di non infilzarsi l’occhio con la matita ben temperata di Radio 3  che avevo preso due anni fa a “Più libri più liberi”, festival letterario romano al quale stavolta non ho partecipato perché purtroppo non mi hanno invitato. Sarà stato per questo motivo che non sono riuscito a farmi piacere Austerlitz fino in fondo (perché ho dovuto leggerlo in piedi o inginocchiato? Perché non mi sono recato a Roma?) a differenza del mio amico Fred Perannunzi, scrittore francese che mi dicono essere un po’ come me francese, o meglio io come lui italiano, che mi spiace molto non parlare francese altrimenti lo chiamerei per dirgli Hey Fred ma sei tu ad essere il me francese oppure io ad essere il te italiano? Ma non lo so, il francese, e non ho tempo per studiarlo, altrimenti mi sarei già trasferito in Francia magari sulla Costa Azzurra, oppure a Parigi, questo è ancora da decidere nelle immaginazioni parallele alla mia vita reale.

Non ho altro da dire questa domenica, fa troppo freddo, se non che forse da ragazzo avrei dovuto fare come Wittgenstein, e di ritorno dalla prima guerra mondiale avrei dovuto liberarmi della cospicua eredità paterna con delle beneficenze, e decidere di vivere per sempre senza inutili orpelli, vestendo decorosamente ma con estrema semplicità, tra pochi mobili essenziali e nessun oggetto che non fosse strettamente utile. Ma non ho avuto guerre, non ho avuto padri, non ho avuto eredità, e allora ho pensato bene di andare a lavorare e di lasciare stare la filosofia.

domenica 2 dicembre 2012

Finalmente domenica! (15)


Era il 22 novembre 2010 e voi direte ma come fai a ricordati così bene e io perché era il compleanno di Chiara, e al mattino stavo scaricando con Daniele il camion che portava le novità della Mondadori che quando lavoravo in magazzino in libreria talvolta suonava il campanello e noi da sottoterra rispondevamo Chi è? e dall’altra parte un uomo sovente straniero diceva il suo nome di corriere e poi: 50 colli! Salivamo dopo esserci messi il giubbotto, perché in cortile cominciava a fare freddo, e poi il camion entrava in retromarcia apriva lo sportellone posteriore e noi facevamo la catena umana e ci passavamo gli scatoloni fino a impilarli vicino al muro, e ci scappavano pure imprecazioni nobili quando il collo pesava troppo, collo in senso di scatola per chi non lo sapesse cioè il corriere quando suonava intendeva dire che aveva 50 scatole di libri da scaricare non 50 colli sezionati da cadaveri da scaricare. Comunque, si bestemmiava talvolta che io impreco raramente, assai solo quando mi saltano completamente i nervi e accade poco spesso, tuttavia in quei frangenti un porco cane non basta, ve lo assicuro, e a chi dubita o rimprovera immagino papi e preti su tutti ma non solo anche tutta la gente che lavora al caldo ecco io vorrei dire loro provate a cambiare vita, toglietevi la tonaca, abbandonate la scuola dove insegnate, gli uffici dove lavorate, e venite per qualche mese a scaricare al freddo, con la schiena che fa male, e bisogna fare in fretta ecco io in verità vi dico il linguaggio cambia a seconda delle situazioni: bestemmiereste pure voi, e poi tanto state tranquilli che c’è il perdono.

Era il 22 di novembre, auguri Chiara, e mentre Daniele mi lanciava lo scatolone (se leggero) e io lo paravo quasi come Buffon il mio telefono aveva vibrato nella tasca ed era una mail ricevuta con mittente Juventus che io avevo pensato: “pubblicità”, e invece era la segreteria del Presidente Andrea Agnelli che mi scriveva Gentile Dr. Savio, le anticipo in allegato il ringraziamento del Presidente. Se vorrà fornirci l’indirizzo postale, sarà nostra cura spedirglielo, cordiali saluti, G.
Così avevo smesso immediatamente di bestemmiare, cioè di scaricare perché non sono un uomo che bestemmia, avevo detto a Daniele sai che, niente, questa me la tengo per me segreta: Agnelli che mi scrive righe di ringraziamento per il romanzo di mio padre che gli avevo spedito perché parlava anche della Juventus di Platini, incredibile, avevo aspettato la fine del turno per correre a casa e dire a mia moglie trafelato Marta, mi ha scritto Agnelli e lei cosa?! e io ma sì, Andrea, e poi avevo chiamato al telefono mia mamma a Brescia e le avevo detto mamma, mi ha scritto Agnelli! e lei cosa?! e io ma sì, Andrea. Erano passati due giorni, e nella cassetta della posta avevo trovato una busta contenente un cartoncino autografo con sopra scritto...beh questo, me lo tengo per me. L’abbonamento alla Juventus tuttavia non c’era, perché per un momento Marta mi aveva messo la pulce nell’orecchio dicendo magari ti regala un abbonamento e io ma che dici, sempre a pensare che uno ricco debba regalarti qualcosa, stai con i piedi per terra piuttosto magari mi offre un lavoro altro che l’abbonamento, il Presidente, per lo stipendio non ci sono problemi ci mettiamo d’accordo, saresti disposta a trasferirti a Torino? ma sì, si potrebbe certo dovremmo organizzarci, per fare cosa di preciso, ne avrei parlato direttamente con Agnelli.

Quindi siamo rimasti così, con Andrea, per qualche mese me lo sono immaginato scovato dalle telecamere intento a leggere “Mio padre era bellissimo” in tribuna d’onore o al campo da golf, ma più in tribuna d’onore sfogliare le pagine, battere la mano sulla spalla del cugino con il Moncler azzurro annunciandogli bravo questo Savio sai che ti dico John, io lo assumo.
A fare che?
Di questo, ne parlerò direttamente con Savio.

Adesso sono passati due anni, Chiara ha due anni in più, Agnelli non si è più fatto vivo ma pazienza, lo capisco, io non ho fretta, per lo stipendio basterà una stretta di mano, ho un figlio Pietro e non lavoro più in magazzino ma al primo piano in saggistica dove nessuno riesce a togliermi la gioia fuoco perdifiato di lavorare  circondato da pareti di libri, e sabato mentre sistemavo Il paese reale di Guido Crainz mi è capitato di pensare che il derby è una partita sempre molto sentita, basta solo ricordare contro chi la devi giocare. 
In ogni caso col Torino è finita 3 a 0, hanno segnato due goal Marchisio e uno Giovinco, ma la cosa più bella è stata un controllo al volo di tacco del centrocampista magro con l’otto che l’ha fatto apparire ai più infantili come un piccolo principe, le petit prince Marchisio.